Arte e Monumenti

IL FEUDO DI COLLEROTONDOLe origini del feudo di Collerotondo vanno presumibilmente ricercate in epoca normanna, a metà circa del XII secolo, quando titolare di questo territorio, secondo la notizia riportata nel “Catalogo dei baroni”1, era il barone Roberto Avalerio2, signore di Matrice, Collerotondo, Archipresbiterum, Albone, Ripabottoni e Castellum3. In epoca successiva, tra la metà del XIII e l’inizio del XVI secolo, il feudo appartenne ai titolari di Montagano. Nel 1503, Andrea di Capoa donò il feudo al proprio chirurgo Galieno D’Anna, la cui famiglia lo amministrò per tutto il XVI secolo: nel 1599, infatti, Ferdinando D’Anna lo cedette a Jacopo Lillo, il quale, nello stesso anno, lo vendette a Liberato Pistillo. Con atto del 28 ottobre del 1605, il feudo passò da Liberato Pistillo alla famiglia Calarussi, nella persona di Sebastiano Calarussi, sino al 1632, quando Francesco Calarussi lo cedette al dottor Giulio Mauri. L’amministrazione del feudo di Collerotondo durante l’ultima fase della sua esistenza si svolse, a differenza di quanto visto per tutto il XVI e per la prima metà del XVII secolo, su base ereditaria. Con il matrimonio tra l’unica figlia del dottor Giulio Mauri, Antonia, e il dottor Domenico Giampaolo nel 1647, il feudo passò sotto il controllo della famiglia Giampaolo sino all’abolizione del sistema feudale. La sua ultima proprietaria, Annamaria Giampaolo, ne esercitò la gestione dal 1747 al 1806. Sin dal momento in cui il feudo venne donato al chirurgo Galieno D’Anna nel 1503 e per tutta l’età moderna, i feudatari di Montagano hanno costantemente preteso l’alta giurisdizione sul feudo di Collerotondo, ottenendo tuttavia scarsissimi risultati: i possessori di Collerotondo riuscirono sempre a dimostrare l’autonomia del loro feudo rispetto all’università…..(continua a leggere)

Documentazione fotografica:

COMPLESSO BADIALE SANTA MARIA DI FAIFOLI

CARTOLINAFAIFOLI_jpg.jpg_729600497Il complesso è ubicato in una zona pianeggiante lungo il sentiero che dal paese conduce alla fondovalle del Biferno. Dati gli scarsi documenti risulta difficile risalire alla data di edificazione della chiesa; con molta probabilità e’ collocabile intorno all’XI secolo. La testimonianza storica più antica è un’iscrizione collocata su un capitello del portale d’ingresso della chiesa stessa, in relazione alla quale conosciamo la data di elevazione del portale vale a dire nell’anno 1260. Attiguo alla chiesa vi era, in quanto attualmente scomparso, un monastero benedettino risalente al 1134. Dal 1456 fino al 1700 dell’abbazia non si hanno notizie. Il 5 luglio del 1705 la chiesa fu riconsacrata e restaurata ad opera del cardinale Vincenzo Maria Orsini, arcivescovo di Benevento e futuro papa Benedetto XIII. A testimonianza di questo restauro troviamo ancora oggi delle lastre di marmo e un quadro, dipinto da Giuseppe Catalano, che l’abate faifolano Antonio Finy regalò al cardinale per l’occasione. Nel 1811 il nobiluomo montaganese Quintiliano Petrone comprò alcuni terreni tra cui la chiesa di S. Maria di Faifoli. Egli ebbe il merito di riparare i danni provocati dal disastroso terremoto che colpì il Molise nel 1805 e dal suo successivo abbandono. Dopo la sua morte Faifoli passò alla famiglia Janigro che nel 1971 consentì che la chiesa fosse destinata ad uso pubblico e che potesse essere restaurata, affidandone la cura ai sindaci di Montagano e Limosano. In seguito ai restauri, la chiesa internamente è stata modificata; attualmente si presenta intonacata, perdendo cosi’ l’aspetto originario medioevale. Il 13 febbraio 1998 la chiesa con una parte del territorio circostante è stata acquistata dal comune di Montagano e nel 2000 sono iniziati gli ultimi lavori di restauro per conto della Soprintendenza ai Beni Archeologici ed Ambientali del Molise.
124La chiesa presenta una facciata a capanna, sulla quale compare una piccola nicchia nonché un finestrone semicircolare. L’elemento più inportante è senza dubbio il portale, costruito secondo un modello lineare e semplice, caratterizzato da archi ogivali. Nel giardino vi sono una serie di arredi che un tempo appartenevano alla chiesa. All’interno  presenta tre navate, di cui quella centrale ha una larghezza raddoppiata rispetto a quelle laterali. Inoltre vi sono anche sei pilastri di forma quadrata, sui quali sono inserite due lapidi, relativi al cardinale Orsini che inizio’ i lavori di restauro nonche’ l’opera di abbellimento della chiesa. Il cardinale Orsini donò alla chiesa anche l’unico all’altare, sul quale poggia un dipinto descrivente la Madonna con il Bambino. L’elemento originario che persiste è la balaustra che disunisce il presbiterio dal tabernacolo. Elemento particolarmente importante custodito all’interno della chiesa è la statua della “Madonna della Transumanza”. Si tratta di una scultura realizzata totalmente in legno, che rappresenta la Vergine adagiata su un tronco di quercia, tra larghe e fitte foglie e non sul classico trono, con accanto due angeli. La Madonna indossa una veste bianca e un manto azzurro, adorno di stelle, ed è rappresentata con le braccia sollevate in atto di preghiera e con il capo velato e coronato, affiancato da due piccoli angeli. La presenza di due ganci di sostegno e la rappresentazione dell’albero sacro della quercia fa presupporre che, un tempo, nel piedistallo dovevano esserci pastori e animali. Questi elementi fanno rientrare la statua nella tipologia iconografica della Madonna della transumanza, tipica di chiese o cappelle situate lungo i percorsi tratturali. L’opera mostra i tratti caratteristici della statuaria lignea molisana datata alla seconda metà del XVIII secolo, influenzata dalla scultura napoletana tardo-barocca. Le iscrizioni dipinte sulla predella “A DEVOZIONE DI ELISABETTA MA(…)UCCI DI MARCELLINO DI LIMOSANO; RESTAURÒ A. MASTRANDREA (OTTOBRE 1917)”, testimoniano il restauro novecentesco dell’opera. Dal popolo è conosciuta come Madonna Incoronata e la sua festa cade l’ultima domenica di aprile, occasione in cui si rinnova un’antica tradizione, quella di bandire un’asta pubblica ai vincitori della quale va l’onore di portare in spalla la statua in processione. Tradizione vuole che vincano quasi sempre le donne.

CHIESA MADRE SANTA MARIA ASSUNTA IN CIELO
Chiesa MadreLa chiesa di S. Maria Assunta ha profonde radici storiche, probabilmente risalenti alla metà del 1200. A segnare la storia e le trasformazioni della chiesa sono stati tre terremoti: quello del 5 dicembre 1456, quello del 26 luglio 1805 e quello del 31 ottobre 2002. La struttura è caratterizzata da una pianta a croce latina ed è divisa in tre navate (mt 32×20, altezza 16 centrale e 7 laterali). Proprio grazie alla sue dimensioni è considerata come una delle più grandi della diocesi.  L’architettura è semplice, ma arricchita dalle opere dei vari artigiani della pietra, del legno e del ferro. In una teca si conserva un frammento del SS. Legno della Croce, che viene portato solennemente in processione durante la festa del 2 e 3 maggio.  Al Calvario il Celebrante prega per preservare i campi dalla grandine e dalla tempesta.

 

CHIESA DELL’IMMACOLATA (CHIESA DELLA CONGREGAZIONE)

congregaLa chiesa dell’Immacolata, comunemente chiamata Congrega, fu edificata nel XVII secolo dalla Congregazione laicale del SS. Nome di Maria. Deperita e quasi cadente, alla fine del XIX secolo venne abbattuta e ricostruita, a spese dei confratelli e della popolazione. All’interno il suo altare maggiore è dedicato alla Vergine Maria, quelli laterali, invece, aII’Arcangelo Michele e a Sant’Anna. Oggi non è possibile visitare la chiesa a causa dei gravi danni riportati dal terremoto del 2002.