Il 19 aprile 1974, dopo uno scambio di note informali tra il Comune di Montàgano e la Presidenza del Consiglio dei Ministri tramite la Prefettura di Campobasso, fu fatto divieto al nostro Comune di utilizzare per il futuro il proprio stemma marchesale, perché non in regola con l’art. 59 del Regolamento, approvato con R. D. 7 giugno 1943 n. 632. Omologazione e appiattimento. Con un colpo burocratico di spugna vengono cancellati i simboli di quattro secoli della nostra storia comunale, con i suoi fasti e i suoi nefasti. Dunque: via la corona marchesale, sostituita da una diversa corona, comune – a dire della Presidenza del Consiglio – a tutti i Comuni (ma vedremo che così non sarà); via la scritta “Universitas Montisagàni”; via i ricami d’oro da sostituire con ricami d’argento. Potranno invece restare, all’interno di uno scudo di foggia sannitica, i tre colli e la croce. Sulla base di questo Regolamento, verranno successivamente confezionati lo stemma e il gonfalone comunale attualmente in uso.
Un provvedimento così ottuso e antistorico avremmo pure potuto – sebbene a malincuore – accettarlo (dura lex, sed lex), a condizione però che fosse fatto rispettare da tutti. E invece così non è stato. A cominciare dai due capoluoghi molisani, e a continuare con Guglionesi, Vastogirardi, Trivento, Provvidenti, Oratino, Montorio dei Frentani, Montenero di Bisaccia, Lupara, Larino, Frosolone, Capracotta, Busso, Bonefro e Belmonte del Sannio, i cui stemmi sono tutti contro il Regolamento del 1943. Chissà se, qualora i nostri amministratori dell’epoca si fossero battuti di più per conservare i nostri contrassegni storici, i montaganesi di oggi, ammoniti da un passato tanto remoto, non disporrebbero per caso di un senso civico maggiore, oggi che Montàgano soffre i guasti di un terremoto recente e di un settarismo non meno rovinoso.